Marmora presso il Traianeum di Italica: un paesaggio sacro in policromia

Daniel Becerra Fernández

Ricercatore Juan de la Cierva-Formación presso l’Universidad de Córdoba, España.
dbecerra@uco.es
https://orcid.org/0000-0002-6540-3631

Recibido: 19/12/2020. Aceptado: 29/01/2021.

Riassunto

In questo articolo scientifico presentiamo i tipi di marmora rinvenuti nel monumento del tempio di età adrianea che conosciamo con il nome di Traianeum de Italica (Andalusia, Spagna). È un santuario dedicato al culto imperiale che presenta una grande varietà di tipologie di marmora, provenienti dalle diverse regioni del territorio romano. L’identificazione tipologica è stata effettuata mediante analisi macroscopiche, per rocce ornamentali colorate, e l’applicazione di tecniche archeometriche per marmi bianchi e per varietà litiche che possono indurre confusione. In questa ricerca ci concentriamo su pezzi che presentano singolarità, l’enumerazione dei tipi di marmora trovati, la proporzione dei materiali in cui sono stati realizzati i pezzi conservati e catalogati, e le regioni di origine dei diversi materiali lapidei.

Parole chiave: Marmora, Traianeum, Italica, Baetica, identificazione tipologica dei marmi.

Marmora en el Traianeum de Italica: un paisaje sacro en policromía

Resumen

En este trabajo presentamos los tipos de marmora hallados en el monumento de época adrianea que conocemos con el nombre de Traianeum de Itálica (Andalucía, España). Se trata de un santuario dedicado al culto imperial que presenta una gran variedad de tipologías marmóreas, procedentes de las diferentes regiones del territorio romano. La identificación tipológica se ha realizado mediante el análisis macroscópico, para las rocas ornamentales coloreadas, y la aplicación de técnicas arqueométricas para los mármoles blancos y para las variedades líticas cuyas características pudieran inducir a confusión. En esta investigación, nos centramos en piezas que presentan singularidades, la enumeración de los tipos de marmora encontrados, la proporción de los materiales en los que se realizaron las piezas conservadas y catalogadas y las regiones de procedencia de los diferentes materiales pétreos.

Palabras clave: Marmora, Traianeum, Itálica, Baetica, identificación tipológica.

Marmora in the Traianeum of Italica: a Sacred Polychrome Landscape

Abstract

In this work we study the collection of marble discovered in the Hadrianean monument known as “Traianeum de Italica” (Andalusia, Spain). The monument, a sanctuary devoted to the imperial cult, offers a great variety of marble typologies coming from different regions of the Roman territory. The typological identification has been achieved through macroscopic analysis of the colored ornamental rocks, and by the application of archeometric techniques to white marbles and to those pieces that could lead to misinterpretations. In this research, our focus will be on those pieces that present a number of singularities, on the enumeration of the types of marmora found, the proportion of the materials showed by conserved and catalogued pieces, and the regions from where those materials came.

Keywords: Marmora, Traianeum, Italica, Baetica, typological identification.

Introduzione1

La provincia romana della Baetica disponeva di cave di marmo di altissima qualità, come quelle della Sierra di Mijas, di Almadén de la Plata e di Alconera, ma anche di affioramenti di calcare ampiamente utilizzati dalle diverse comunità betiche e con una diffusione limitata all’area locale/regionale, come dimostrato da precedenti ricerche (Beltrán, Loza, Ontiveros, Rodríguez Gutiérrez e Taylor, 2011; Beltrán, Loza, Melero e Ontiveros, 2018; Ontiveros, Beltrán e Loza, 2019); fa eccezione il marmo di Almadén de la Plata, che fu invece ampiamente utilizzato nelle città della valle del Guadalquivir e, inoltre, raggiunse un grande raggio di esportazione ben oltre i limiti provinciali (Rodà, 1997; Àlvarez, Cebrián e Rodà, 2008, Ontiveros, 2008; Domínguez Bella, 2008; Àlvarez, Domènech, Lapuente e Pitarch, 2009; Beltrán, Rodríguez Gutiérrez, López Aldana, Ontiveros e Taylor, 2012; Ontiveros, Beltrán, Taylor, Rodríguez Gutiérrez e López Aldana, 2012; Rodríguez Gutiérrez, Beltrán, López Aldana, Ontiveros e Taylor, 2012; Taylor, 2015; Rodríguez Gutiérrez, Taylor, Beltrán, García-Dils, Ontiveros e Ordóñez, 2018). L’uso dei marmi della Sierra di Mijas è stato ben documentato sia lungo la valle del Guadalquivir sia al sud della provincia, ed è sottolineata la varietà d’uso: decorazione architettonica, supporti epigrafici, sculture, ecc. (Loza, 1984-1985, Loza e Beltrán, 1990; Beltrán e Loza, 2003; Beltrán e Loza, 2008; Ontiveros, 2018). Fuori dalla Baetica, ma vicino ad essa, si trovano le cave lusitane dell’Anticlinale di Estremoz, da cui si estraeva una grande quantità di materiali marmorei utilizzati nelle comunità della provincia del Baetis, soprattutto nell’età tardo-antica (Amores, Beltrán e González Acuña, 2008; Coelho, 2008, pp. 523-543; Mañas e Fusco, 2008; Lamberto e Sá Caetano, 2008).

Nel sud della penisola si riscontra anche la presenza di una grande varietà di materiali lapidei provenienti dalle grandi cave dell’Impero (Beltrán, Loza e Ontiveros, 2018), principalmente usati per rivestimenti in opus sectile (Pérez Olmedo, 1996; Gutiérrez-Deza, 2007; Becerra, 2016; Becerra e Vargas 2018). L’uso combinato, in diverse costruzioni di spiccata natura pubblica presenti in tutta la provincia, di pietre ornamentali del sud dell’attuale Spagna insieme a marmora imperiali provenienti da tutto l’Impero è stato evidenziato da diversi studi già pubblicati (Mayer e Rodà, 1998; Rodríguez Gutiérrez, 2003; Rodríguez Gutiérrez, 2008; Becerra, 2019). Nel caso del Traianeum, si constata l’uso di tipologie locali insieme a quelle d’importazione, anche se il marmor Lunense è il materiale per eccellenza del monumento adrianeo (Becerra, 2019). Va sottolineata l’importanza del marmo di Luni-Carrara nelle costruzioni imperiali della pars Occidentalis (Pensabene, 2012a; 2012b; Gutiérrez García-Moreno e Rodà, 2012), ben riconoscibile in diverse civitates della Baetica, come Astigi e Italica2 (Ordóñez, Taylor, Rodríguez Gutiérrez, García-Dils, Beltrán e Saquete, 2018; Rodà, 1997; Becerra, 2019), marmo bianco per eccellenza in queste regioni dell’Impero.

La peculiarità di Italica per quanto riguarda l’utilizzo delle più svariate e nobili pietre ornamentali diffuse nell’orbis Romanus (Becerra, 2017) rende particolarmente interessante lo studio approfondito dei diversi tipi di marmora presenti nel vasto complesso adrianeo conosciuto come Traianeum di Italica.

Gli obiettivi di questo studio sono: a) identificare le diverse varietà di marmora presenti presso il Traianeum di Italica, b) comprovare in che proporzione sono presenti i diversi litotipi, c) identificare le regioni dell’Impero da cui provengono i materiali decorativi usati nel complesso architettonico e d) studiare l’uso dei marmora locali/regionali e d’importazione all’interno del sito archeologico.

La ricerca si è concentrata sullo studio e la catalogazione dei reperti marmorei procedenti dal Traianeum di Italica e conservati presso il Museo Archeologico di Siviglia e la Litoteca del Dipartimento di Preistoria e Archeologia dell’Università di Siviglia, oltre a quelli custoditi presso il magazzino del Complesso Archeologico di Italica (Calle Trajano, Santiponce, Siviglia) e quelli che si conservano in loco all’interno del complesso archeologico. L’identificazione dei marmora colorati è stata realizzata mediante analisi macroscopica, mentre quelli bianchi sono stati identificati alternando l’analisi macroscopica con l’analisi archeometrica (Pensabene, 2008). I risultati sono stati riuniti in una banca dati a partire dalla quale si è proceduto a realizzare studi quantitativi dei materiali.

Dei 1550 reperti conservati e catalogati (Becerra, 2019, p. 1017), troviamo esemplari appartenenti principalmente alla decorazione architettonica, frammenti di sculture e supporti epigrafici. Per una corretta identificazione dei marmora utilizzati nel Traianeum di Italica, si è utilizzato un metodo che consiste nello stabilire litotipi che tengano conto delle caratteristiche macroscopiche dei materiali, parallelamente alla classificazione dei reperti –decorazione architettonica, scultorea e supporti epigrafici. Nel caso degli ornamenti architettonici, si è realizzata una successiva classificazione in base al tipo di elemento architettonico: fusti, capitelli, balaustre, fregi, ecc. Le pietre ornamentali riconoscibili ad occhio nudo sono state identificate con l’analisi visuale, mentre per quelle che potevano portare a confusione sono state utilizzate diverse tecniche archeometriche, che verranno spiegate di seguito. L’impossibilità di applicare tali tecniche a tutti i pezzi ha portato alla selezione, ove possibile, di un esemplare per ogni tipo di pezzo e per ogni litotipo visuale non identificabile de visu.

Le tecniche utilizzate per la caratterizzazione dei campioni sono state: 1. osservazione a microscopio ottico a polarizzazione (apparecchiatura Leica DMLP, con acquisizione digitale delle immagini Leica DFC 280; Istituto Andaluso del Patrimonio Storico [IAPH]): 2. diffrazione a raggi X (apparecchiatura diffrattometrica D8I-90, metodo a polvere, Centro di Ricerca, Tecnologia e Innovazione dell’Università di Siviglia [CITIUS]): y 3. fluorescenza a raggi X, metodo minitracce (apparecchiatura Panalytical, modello Axios, CITIUS, Università di Siviglia).

Contesto archeologico del Traianeum

Con l’avvento della dinastia Flavia alla dignità imperiale di Roma, assistiamo a un processo di ascesa sociale delle aristocrazie ispaniche dovuto, in gran parte, al processo di municipalizzazione. Grazie a ciò, molti membri di stirpe betica ottennero incarichi rilevanti nell’amministrazione dell’Impero, giungendo al culmine con Traiano -il primo imperatore di origini extra-italiche- e Adriano. Queste famiglie, giunte alle più alte cariche dello Stato, favorirono notevolmente le loro comunità di origine.

Italica assunse via maggiore importanza durante il I e il II secolo d.C., un fatto che si riflette nella notevole espansione adrianea della città, la cosiddetta Nova Vrbs. Una città con spazi pubblici di primo livello –anfiteatro, teatro, Terme Maggiori, Terme Minori, palestra, Traianeum, ecc. –, dove vennero usati i principali marmora d’importazione diffusi in tutto il Mediterraneo (Rodà, 1997; Beltrán, 2013, p. 125; Becerra, 2017).

Il Traianeum si trova nella Nova Vrbs di Italica (Fig. 1), in posizione elevata e articolando il nuovo settore della città (Vargas, 2018, p 183). Il santuario è composto da un portico hecatostylon –con colonne di “cipollino”– che circonda una piazza interna decorata da sculture; nella zona centrale si trova un tempio ottastilo dedicato all’Optimus Princeps. Nella grande piazza, davanti al tempio (León, 1988), si trova anche un grande altare sacrificale. Questo monumento venne saccheggiato fin dall’antichità (Rodà, 1997, pp. 169-170), e gli oggetti che conserviamo provengono dagli scavi effettuati da P. León negli anni Ottanta del XX secolo e da interventi successivi. I frammenti si trovano in: in situ nella zona dello scavo del monumento e si disperdono intorno al sito;3 presso il Museo Archeologico di Siviglia; presso la Litoteca del Dipartimento di Preistoria e Archeologia dell’Università di Siviglia; presso l’edificio di C/ Trajano di Santiponce (Siviglia) che il Complesso Archeologico di Italica utilizza come magazzino.

Fig. 1. Posizione geografica del Traianeum di Italica (Becerra y Beltrán, 2020).

Tipi, usi e proporzioni dei marmora del Traianeum

Presso il Traianeum troviamo una varietà marmorea coerente con le tipologie lapidee presenti nella città di Italica (Becerra, 2017). Rilevati sul monumento il marmo “africano” (marmor Luculleum) di Teos, il marmo di Almadén de la Plata, il “cipollino” (marmor Caristium) d’Eubea, il “cipollino rosso” o il “rosso brecciato” (marmor Iasense o marmor Carium) di Iasos, il marmo dell’anticlinale di Estremoz estratto in Lusitania, il “giallo antico” (marmor Numidicum) nordafricano, il “greco scritto” anch’esso del Nord Africa, la “lumachella carnina” o “carnacita” di Sintra, il marmo di Luni-Carrara (marmor Lunense o lapis Lunensis) dell’Italia settentrionale, il marmo di Mijas, il marmo bianco dell’isola di Paro (marmor Parium), il “pavonazzetto” (marmor Phrygium, Synnadicum o Docimium) frigio, il “porfido rosso” (lapis porphyrites) del deserto orientale egiziano, il “portasanta” (marmor Chium) di Chio, il “proconnesio” (marmor Proconnesium) del mar di Marmara, il “rosso antico” (marmor Taenarium) di Capo Tenaro, la “breccia di Sciro” o di Settebasi (marmor Scyrium), il “serpentino” (marmor Lacedaemonicum o lapis Lacedaemonius) di Laconia, il marmo dell’isola di Taso, il “verde antico” (marmor Thessalicum o marmor Atracium) di Larissa (Fig. 2 e 3).

Fig. 2. Zone di estrazione dei marmora utilizzati presso il Traianeum.4

Fig. 3. 1) Frammento di modanatura in “portasanta” (Museo Arqueológico de Sevilla), 2) frammento scultoreo di fontana in cui si nota una mano che sostiene una cornucopia (marmo di Luni) (Conjunto Arqueológico de Itálica) e 3) un colossale frammento dell’avambraccio appartenente ad un acrolito e realizzato in marmo di Taso (Museo Arqueológico de Sevilla).

Gli interventi archeologici effettuati presso il Traianeum di Italica permettono di riconoscere frammenti marmorei della decorazione architettonica, resti di ornamenti scultorei e supporti epigrafici, oltre ad alcuni elementi da gioco realizzati in marmor. Per quanto riguarda la decorazione architettonica, troviamo pezzi appartenenti ad acroteri, cimase, architravi, balaustre e relativi supporti, cornici, fregi, imbrici, tegulae, modanature, basi, fusti, capitelli e lastre e placche di rivestimento pavimentale e parietale. Le tipologie di marmo precedentemente menzionate sono registrate con il loro utilizzo nella seguente tabella (Tab. 1).

Tab. 1. Reperti e mamora del Traianeum.

Le diverse pietre ornamentali utilizzate nel Traianeum procedevano da tutte le regioni esportatrici di marmora dell’orbis Romanus –eccezion fatta per la Gallia– (Fig. 4 e 5): Grecia, Asia Minore, Egitto, Nord Africa, la penisola italiana e la stessa Hispania. Questi materiali giunsero a Italica presumibilmente via mare –dalle zone di estrazione e/o più probabilmente da punti di deposito intermedi controllati dall’Impero– fino a un qualche approdo del Basso Guadalquivir, probabilmente la navigabile Hispalis;5 lì doveva ubicarsi una vera e propria statio marmorum, presso cui doveva potersi realizzare il cambio di carico dalle grandi naves lapidariae a imbarcazioni più piccole capaci di risalire il Guadalquivir e i suoi affluenti fino alle città di Italica, Astigi e Corduba. Giunti presso Italica, le pietre ornamentali sarebbero state stoccate in un deposito di dimensioni ridotte o in un magazzino vicino all’edificazione sacra.

Fig. 4. Numero di reperti a seconda dell’origine degli esemplari di marmo inventariati nel Traianeum.6

Fig. 5. Numero di reperti realizzati nei diversi tipi di marmo presenti nel Traianeum.7

I reperti ritrovati e catalogati mostrano che solo poco più del 6% del totale venne realizzato in marmora ispanici, mentre circa il 92% di essi fu realizzato utilizzando pietre ornamentali extraispaniche. È opportuno inoltre segnalare che un 2% dei reperti venne realizzato in materiali petrei non identificati. Dei marmora ispanici, il 5,66% è betico –marmi di Almadén de la Plata e della Sierra di Mijas– e meno dell’0,5% è lusitano, concretamente quelli dell’Anticlinale di Estremoz e di Sintra. La regione dell’Imperio da cui provengono la maggior parte dei reperti è l’Italia con un 72,32% del totale, seguita dalla Grecia con il 15,03%. Il terzo posto è occupato dalla Hispania con più del 6,12%, seguita a sua volta dall’Asia Minore con un 2,06%, e il Nord Africa insieme al Mar di Marmara, entrambi con 0,77%. Dall’Egitto proviene solamente un reperto –realizzato in “porfido rosso”– che non apporta più dell’0,07% del totale degli esemplari marmorei.

Discussione

A questo punto bisogna segnalare che la presenza maggioritaria del marmor Lunense nel santuario del culto imperiale è dovuta ad Adriano e al suo interesse a recare beneficio alla città che fu la culla della sua famiglia. La mano dell’imperatore Aelio è mostrata, in parte, dall’arrivo del marmo bianco per eccellenza dalla parte occidentale dell’Impero, insieme ad altri materiali lapidei provenienti dalle principali cave dell’orbis Romanus ad eccezione della Gallia, poiché in questi anni del secondo secolo la diffusione dei loro marmora fu più ristretta. La presenza di marmora dalla Hispania meridionale è dovuta alla ricchezza di marmo nella regione e, con grande probabilità, all’interesse dell’élite di Italica di essere presente nel progetto e aiutare in parte l’imperatore. L’uso di questi materiali locali è riservato alle parti meno visibili del santuario.

Il bianco, nella maggior parte del complesso architettonico, è stato abbinato alla policromia del portico hekatostylon con fusti di colonne in verde e bianco –grazie al “cipollino”– e con i fusti di colonne in “portasanta” dell’accesso al monumento che hanno dato a questa parte del Traianeum un colore rosso e viola. L’interno del tempio e le gallerie del portico, così come le esedre di quest’ultimo, sarebbero state decorate con pezzi di marmo colorato di grande qualità.

La professoressa P. León (1988) ha notato il legame tra il Traianeum e la Biblioteca di Adriano ad Atene: i due edifici presentano una pianta molto simile, anche se la pianta del Traianeum è stata reinterpretata negli ultimi anni in relazione alle esedre quadrangolari, che sarebbero maggiori delle misure inizialmente proposte e di quelle presenti nella biblioteca di Atene (Vargas, 2018). Nonostante questo parallelismo, la decorazione architettonica e l’uso di tali tipologie lapidee si avvicinano, in misura maggiore, ai pezzi rinvenuti nel Tempio di Matidia a Roma (Becerra, 2019, p. 963 y ss.).

Conclusioni

1. Nel Traianeum sono stati identificati venti tipi di mamora tra i più prestigiosi dell’Impero.

2. I marmora presenti presso il santuario provengono da tutte le più importanti regioni esportatrici di marmor dell’Impero eccetto la Gallia.

3. Nel santuario l’utilizzo dei marmora d’importazione è affiancato all’uso di materiali lapidei sudispanici, principalmente i marmi di Mijas e di Almadén de la Plata e in misura minore il calcare fossilifero di Sintra e il marmo estratto presso l’anticlinale di Estremoz.

4. La regione dell’Impero che apportò maggior quantità di materiale lapideo per la decorazione dell’edificio fu l’Italia, dato l’ampio uso del marmo di Luni-Carrara. Sono stati documentati 1121 pezzi di origine italiana su un totale di 1550 pezzi studiati.

5. Il bianco appare come un colore prominente nel santuario e che è presente, tra gli altri, nelle basi e nei capitelli delle colonne, nonché nei fusti scanalati del tempio. In misura minore sono presenti il verde –nel portico con cento colonne–, il rosso e il viola –nell’accesso al complesso architettonico–, così come una grande varietà di colori all’interno del tempio e del portico.

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» Rodríguez Gutiérrez, O., Beltrán, J., López Aldana, P., Ontiveros, E. e Taylor, R. (2012). The Quarries of Almadén de la Plata: New Data from the Recent Interventions. In A. Gutiérrez García-Moreno, P. Lapuente e I. Rodà (Eds.), Interdisciplinary Studies on Ancient Stones. IX ASMOSIA (645-650). Tarragona: Institut Català d’Arqueologia Clàssica.

» Rodríguez Gutiérrez, O., Taylor, R., Beltrán, J., García-Dils, S., Ontiveros, E. e Ordóñez, S. (2018). El uso del mármol de Almadén de la Plata (Sevilla) en los programas arquitectónicos y decorativos de los espacios públicos de colonia Augusta Firma - Astigi (Écija, Sevilla). In J. Beltrán, M. L. Loza e E. Ontiveros (Eds.), Marmora Baeticae: usos de materiales pétreos en la Bética romana: estudios arqueológicos y análisis arqueométricos (157-180). Sevilla: Universidad de Sevilla.

» Taylor, R. (2015). Las canteras romanas de mármol de Almadén de la Plata (Sevilla, España): un análisis arqueológico. Sevilla: Universidad de Sevilla (Tesi di dottorato).

» Vargas, S. (2018). Nuovi dati sul pórtico del Traianeum d’Italica. In C. Parisi, M. Milella, S. Pastor e L. Ungaro (Eds.), Traiano. Costruire l’Impero, creare l’Europa (183-188). Roma: De Luca Editori d’Arte.


1 Questo lavoro di ricerca è parte del progetto “Proyecto Colonia Aelia Augusta Italica. Arqueología del sector NE de la Vetus Vrbs de Italica en el marco del proceso de romanización en el Guadalquivir inferior (HAR2017-89004-P)” finanziato dal Ministerio de Economía, Industria y Competitividad del Gobierno de España.

2 In queste città, l’identificazione del marmo procedente dalle cave di Luna è stata realizzata attraverso analisi archeometriche.

3 È noto grazie alle informazioni fornite dai responsabili del Conjunto Arqueológico de Itálica.

4 Produzione dell’autore.

5 In epoca romana, l’area attualmente occupata dalle paludi era quella del Lacus Ligustinus –che avrebbe facilitato l’arrivo dei blocchi di pietra a Hispalis–; Strabone (III, 2, 3) indicava che le imbarcazioni di profondità provenienti da Roma e da altre località potevano raggiungere la capitale del convento, mentre solo le imbarcazioni di media profondità potevano raggiungere Ilipa Magna (Alcalá del Río). Grazie all’opera di questo autore, possiamo stabilire che Italica si trovava nel tratto che va da Hispalis a Ilipa Magna, cioè il tratto del fiume dove è necessario l’utilizzo di imbarcazioni di medio pescaggio. Inoltre, gli ultimi studi geoarcheologici indicano che il porto italicense era in netto declino a causa del riempimento di questa parte del fiume e non sembra probabile che queste imbarcazioni lo raggiungessero (Arteaga, Barragán, Roos e Schulz 2016, pp. 91-101).

6 L’asterisco nel grafico si riferisce a pezzi che erano probabilmente realizzati in marmor greco.

7 L’asterisco nel grafico si riferisce a pezzi che erano probabilmente realizzati in marmor Pentelico o di Paros.